Sono emendabili i quiz INVALSI? Una domanda al prof. Israel

Giorgio IsraelLa casa editrice Giunti Scuola ha tenuto, nei giorni 6 e 7 febbraio di quest’anno, il convegno della sua rivista Psicologia e Scuola. Il titolo, “In classe ho un bambino che…”, è legato alla pubblicazione dell’omonimo libro di Cesare Cornoldi e Sara Zaccaria sui disturbi dell’apprendimento. Una delle sessioni pomeridiane, dal titolo “Sono utili le prove INVALSI”, metteva a confronto una posizione pro e una contro. La prima rappresentata dal Professor Alessandro Antonietti, ordinario di Psicologia Generale presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, la seconda dal Professor Giorgio Israel, matematico e filosofo della scienza presso l’Università La Sapienza di Roma. Non ho potuto ancora leggere gli atti e dunque non conosco l’intervento di Antonietti, né la replica finale al dibattito della Presidente dell’INVALSI, Anna Maria Ajello. Commento invece brevemente l’intervento video-registrato di Giorgio Israel (disponibile su questo blog e su quello dell’autore).

Da tempo, noi del gruppo NoINVALSI ci chiediamo quale significato abbiano le posizioni di Giorgio Israel sull’operato dell’agenzia nazionale, durissime nei contenuti, ma molto concilianti relativamente al “diritto” all’esistenza del test come tecnica di indagine degli apprendimenti e dell’istituto che li impone nelle scuole. Nell’incipit Israel dichiara di non essere a priori contro le prove INVALSI, tantomeno contro l’ente, purché si arrivi ad un chiarimento sulle sue finalità.

Proprio a partire dalle durissime critiche sull’impianto teorico, autoreferenziale, fondato su tesi che si auto-confermano, su assunti metodologici e sull’uso di modelli statistici manipolati ai propri fini, come salvare l’intera costruzione, pensare che sia emendabile teoricamente, rieducabile al confronto? Quanto ai fini che animano l’INVALSI, non credo possano risultare ignoti all’acuminata riflessione di Israel, visto che sono strettamente correlati ai metodi. L’ispirazione ideologico-politica dell’INVALSI è quella che organizza il pensiero dei club, delle associazioni, delle fondazioni che fanno capo alla Confindustria nostrana e ai potentati eco-finanziari mondiali: privatizzare la scuola, demolirne l’impianto costituzionale, portare a valore economico i saperi.

Al Professor Israel non può essere sfuggito che l’INVALSI non si occupa di valutazione di sistema, nemmeno prova a definire epistemologicamente il sistema scolastico, ma si occupa, per mandato del MIUR e dei suoi ispiratori neoliberisti, della valutazione degli esiti, dei risultati in termini di buona riuscita ai test standardizzati, come dimostra anche l’ultimo parto INVALSI-MIUR, il format sull’autovalutazione (RAV). Lo scopo è molto chiaramente delineato nelle pagine del documento La Buona Scuola: creare un circuito fra le carriere dei docenti e il “successo scolastico” di cui gli insegnanti sarebbero gli unici responsabili. Gli effetti premiali di tale circuito sono noti, essendo stati sperimenti in altri paesi.

E quindi, torna insistente la domanda al Professore: si può pensare di restaurare un edificio le cui fondamenta sono minate? Se si pensa che sia possibile forse bisognerebbe anche dire perché e come.

Renata Puleo, gruppo NoINVALSI


4 responses to “Sono emendabili i quiz INVALSI? Una domanda al prof. Israel

  • Giorgio Israel

    Per avere una funzione accettabile, l’Invalsi dovrebbe emendarsi in modo profondo: 1) limitare la propria funzione a un’analisi di sistema, il che significa privilegiare un approccio statistico campionario e non censuario; 2) dismettere la pretesa di voler valutare direttamente gli alunni (e indirettamente i professori) il che significa, in particolare rinunciare alla prova di terza media che interviene nella valutazione di scrutinio, e non pensare neppure a mettere i piedi nell’esame di maturità; 3) sottoporre a valutazione i metodi statistici usati, in modo aperto; 4) aprire le finestre e consentire un ricambio del personale, mentre ora lo staff è inamovibile e oppone un rifiuto totale a qualsiasi confronto e prospettiva di inclusione di elementi nuovi; 5) accettare di discutere le modalità di selezione dei test e un confronto sul loro contenuto.
    Dopo interminabili polemiche risulta che non una di queste condizionìi è accettabile dall’ente. Pertanto, penso anch’io che non vi sia alcuna possibile transazione e non resta altro che un’opposizione totale.
    Giorgio Israel

  • Renata Puleo

    Mentre ringrazio il Professor Israel per la risposta chiara e concisa e per la conclusione a cui essa arriva, nel merito faccio alcune considerazioni legandole ai punti individuati nella nota. Diciamo, a mo’ di promemoria per chi ci legge.
    1. come gruppo NoINVALSI, abbiamo da tempo sottolineato la necessità di separare l’analisi di sistema (per altro mai definito in modo epistemologicamente corretto nei molti documenti “teorici” a cura dell’INVALSI) dall’indagine sulle pratiche valutative utilizzate dagli insegnanti (valutazione e autovalutazione autentica, anche quando caratterizzata da varie criticità). Abbiamo anche proposto una riscrittura completa dell’art 15 della Legge di Iniziativa Popolare “Norme generali sul sistema educativo e di istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore” (LIP) recentemente ri-depositata per la discussione (2 agosto 2014), in cui separiamo i due ambiti di valutazione che necessitano anche di diverse modalità di indagine (campionaria versus censuaria, statistica vs diffusiva). Il testo lo si può trovare sul sito ufficiale della LIP.
    2. la prova inserita all’interno della valutazione finale del primo ciclo dell’istruzione (ex terza media) è frutto di un atto arrogante, sbagliato sul piano del diritto (per normativa la valutazione sommativa-finale spetta ai docenti, in toto) e su quello dell’opportunità; siamo convinti che rappresenti uno dei passi verso l’eliminazione del valore legale dei titoli di studio (si può leggere in tal senso anche il carteggio fra il nostro gruppo e il Prof. Allulli); ricordo che “i piedi” nell’esame di maturità li stanno già mettendo in varie forme “sperimentali”.
    3. sugli errori statistici, non certo frutto solo di refusi informatico-matematici, e dunque di ignoranza, ma di volontà di mescolare le carte, su cui si è già più volte espresso il Professor Israel con altri accademici, non credo di esser in grado di aggiungere nulla.
    4. quanto allo staff, con il rinnovo delle cariche (Presidenza e Direzione dell’Istituto) hanno provato a far intendere che si voleva cambiare indirizzo (Ajello, la Presidente e Mazzoli, il Direttore, vengono dalla scuola, ma stanno invecchiando su comode poltrone), ciononostante, fin dalla pubblicazione del testo “Una nuova cordata per il nostro (sic) INVALSI” in cui si presentavano di fatto le candidature, la lotta intestina nell’Istituto e nel MIUR e fra il MIUR e l’INVALSI, risultava evidente, anche se non venivano espressi i termini “ideologici” del contendere. Oggi, nel groviglio fra il Disegno di Legge, il testo preparatorio La Buona Scuola, i documenti che accompagnano il format di autovalutazione (RAV) e le schede per la Certificazione delle Competenze (lo vuole l’EUROPA!!! Circolare MIUR 13/02/2015 che raccoglie le Raccomandazioni del Parlamento Europeo 2006/2008 ), si intravede la guerra interna, per ora a bassa intensità, ma destinata a farsi più forte nel clima di opposizione che sta salendo nella scuola e nel paese. Dunque, nessun rinnovo serio dello staff-INVALSI, basato su una diversa impostazione di ruolo, di finalità e di metodi, mi pare possibile.
    5. sui contenuti dei test si basa molta della nostra critica; non partiamo da una posizione di rifiuto a-critico, come sa chi ci segue, ma dai limiti intrinseci ai metodi di indagine quantitativi, come lo sono i test; anche i migliori hanno almeno tre difetti:
    i) i test non possono valutare comportamenti complessi (come la comprensione di un testo) se non per pochi aspetti di contenuto e di forma; lo ricorda sul foglio de La Crusca (n 47, 2013) Elio Franzini, ordinario di Estetica all’Università di Milano. Quando l’Accademia ha collaborato con l’INVALSI, ad esempio per il lavoro di correzione della prova di Lingua Italiana all’esame di stato (maturità), tale collaborazione è consistita nell’accordarsi su alcune regole, ad esempio sull’uso della punteggiatura negli elaborati dei ragazzi, dunque, su una questione assai poco normata dalla grammatica italiana che andava però ridotta in strettoie (quando si usa la virgola, come si utilizzano le virgolette apicali, ecc) che permettessero una valutazione “precisa”. Questo per ribadire che solo su alcuni aspetti, o molto chiari, o resi tali da accordi all’interno di una comunità scientifica, è possibile usare metodi quantitativi. Lo afferma, fra molte altre considerazioni ambivalenti e ipocrite, perfino il documento su citato che accompagna la Certificazione delle Competenze.
    ii) I test non hanno senso se intendono sostituire la valutazione come insieme complesso di punti di vista dei docenti e degli alunni stessi sulle performances, costituiscono un vero e proprio pericolo di semplificazione quando non si inseriscono nel processo insegnamento-apprendimento e nella relazione educativa insegnanti-alunni;
    iii) I test finora, hanno alimentato la volontà politica di “demoralizzare” il lavoro dei docenti, dimostrando l’inefficacia del loro operato sul piano della valutazione delle famose competenze-chiave (key skills) che tanto interessano il mercato del capitale umano
    Concludo. Le alternative esistono, eccome. Occorre leggere, studiare, informarsi su quel che avviene anche nelle patrie dei test (GB e USA) in contrasto con gli stessi. Una buona pratica su cui poggiare tutte le procedure valutative consiste nell’osservare quel che avviene nelle classi, farne oggetto di discorso cooperativo, dare tempo e denaro alla formazione dei docenti, considerare i contesti i cui l’insegnamento si dispiega. Contesti fatti di relazioni, di luoghi fisici, di risorse impiegate (non in ordine di importanza, ma “insieme”: numero di alunni per classe, precarietà/precariato, gerarchizzazione alienante nei rapporti fra dirigente e docenti e fra i docenti stessi, “bruttezza” e miseria degli edifici,enfatizzazione degli strumenti informatici e della “neolingua” inglese, impoverimento materiale e relativa demotivazione del personale ATA, depotenziamento degli organismi collegiali, e molto altro). Contesti non isolabili dal panorama di verticalizzazione del potere a livello economico e politico. E non è un fuori tema rispetto all’argomento che ho provato ad affrontare.
    Renata Puleo, NoINVALSI

    • Gruppo NoInvalsi

      In questi giorni di mobilitazione contro il Ddl La Buona Scuola e la valutazione imposta dall’INVALSI, il carteggio fra il nostro gruppo e il professor Israel può esser di qualche utilità…Renata

  • Vivalascuola. Perché Giulia ha sempre ragione | La poesia e lo spirito

    […] Solo ora apprendo che il gruppo NoInvalsi mi ha posto una domanda. […]

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